Capri, 4 ottobre, 1808.

Dopo due anni di controllo inglese dell’isola, le truppe del Re di Napoli, Gioacchino Murat, comandate dal Generale Jean Maximilien Lamarque, lanciano un attacco incrociato che coglie di sorpresa la guarnigione britannica del Colonnello Hudson Lowe. Una volta scalate, da mare, le ripide e poco protette scogliere di Anacapri, i francesi dilagano e conquistano la parte alta dell’isola, costringendo gli inglesi ad un assedio di due settimane, prima della definitiva capitolazione.

Conosciuta come “La Presa di Capri”, questa complessa ed ardita operazione militare fu salutata come una delle più importanti vittorie dell’epoca napoleonica, tanto da venire immortalata sotto l’Arco di Trionfo di Parigi.

Questa, in poche righe, l’impietosa sintesi di giorni e giorni di combattimenti, dolore, morte. Poche righe che non tengono conto delle persone che vissero quei giorni, del loro senso del dovere, delle loro paure, dei loro desideri. Molto altro è tuttavia stato scritto sulla Presa di Capri, e infatti, grazie alle varie testimonianze, è possibile ricostruirne quasi tutti i dettagli, persino lo stato d’animo dei due comandanti avversari, entrambi sottoposti ad una grande pressione dai rispettivi regimi.

Una delle fonti più complete sull’argomento della Presa di Capri è sicuramente The British in Capri: 1806-1808 di Sir Lees Knowles. Si tratta di una cronistoria completa del periodo inglese sull’isola, nella quale vengono riportate anche alcune delle comunicazioni che i vertici dei due schieramenti si scambiarono durante l’assedio. Leggendo questi diari e queste conversazioni, è possibile viaggiare nel tempo, immaginando quale fosse la mentalità di due uomini vissuti in quegli anni, due militari posti l’uno contro l’altro da poteri molto più grandi di loro. In questa sede si citano le lettere che, a parere di chi scrive, meglio esprimono la realtà di quei giorni concitati.

Si inizia con una lettera di Lamarque, recapitata al comando britannico all’indomani dello sbarco franco-napoletano:

Anacapri, 5 Ottobre, 1808.

Signor Comandante,
	L’intera guarnigione di Anacapri, così come quella del Forte di Santa Maria, sono mie prigioniere.
	Detengo la posizione dominante, e, quando la mia artiglieria sarà piazzata, procederò a spazzar via Capri, allorché non vi sarà più spazio per le discussioni.
	Al momento, posso trattarvi con minor severità.
	Mi appello a voi, signore, e vi chiedo di consegnare all’istante i forti e le batterie di Capri.
	Vi prego di accettare i miei rispetti,

(Firmato) M. La Marque,
Generale di Divisione, Capo di Stato Maggiore.

A questa ferrea comunicazione, Lowe risponde per le rime, lo stesso giorno:

Capri,
5 Ottobre, 1808.

Signore,
	Riconosco tutti i vantaggi offerti dalle vostre attuali posizioni di comando. La difesa potrebbe, pertanto, risultare particolarmente difficile; ma essa è nondimeno obbligatoria, per me. In una tale situazione, le vostre proposte di rigore, o di favore, devono apparire parimenti indifferenti per un ufficiale la cui condotta non sarà mai influenzata da altra considerazione che non quella del suo dovere.
	Credetemi di essere, Signore, 
	il Vostro umilissimo servo,

(Firmato) H. Lowe,
Ten.-Col. Com.

Il giorno dopo, la conversazione riprende con altrettanto misurato ardore:

Esercito Francese,
nel Regno di Napoli,
Presso il Quartier Generale di Anacapri,
Generale di Stato Maggiore, 
6 Ottobre, 1808.

Signor Comandante,
	Mi sembra di capire che gli abitanti di Capri si siano armati contro le mie truppe.
	Vi avverto, Signor Comandante, che se loro spareranno un colpo contro di noi, io incendierò tutte le case della valle, e loro non potranno aspettarsi alcuna pietà.
	Ho ritenuto che fosse mio dovere informavi di questo.
	Ho l’onore di salutarvi.

(Firmato) Generale di Divisione,
M. La Marque.

Il Generale francese avrebbe desiderato parlamentare di persona con Lowe, ma quest’ultimo si rifiuta e replica, impassibile, alle minacce del nemico:

Capri,
6 Ottobre, 1808.

Signore,
	Gli abitanti di Capri saranno da me autorizzati a seguire i dettami del loro dovere e dei loro principi, alla stessa maniera nella quale io stesso seguo i miei nell’informarvi che, in qualità di ufficiale e suddito Britannico, io non potrò mai tollerare di essere controllato, nella mia linea di condotta verso i sudditi di un altro Potere, da qualsiasi legge che un Comandante Francese possa ritenere appropriato di imporre.
	Credetemi di essere, Signore, 
	il Vostro Servo obbediente.

(Firmato) H. Lowe,
Ten.-Col. Comandante.
Al Generale La Marque,
&c., &c., &c.

Le schermaglie continuano per altri dieci giorni. Gli inglesi, asserragliatisi nel borgo di Capri, attendono rinforzi da Ponza e dalla Sicilia, ma il mare in tempesta li rallenta. E così, nel pomeriggio del 15 ottobre, le mura di Capri iniziano a cedere sotto i colpi delle batterie francesi. Il giorno dopo, Lamarque fa recapitare la seguente comunicazione a Lowe:

Quartier Generale di Capri, 
16 Ottobre, 1808.

Signor Comandante,
	Mi ero deciso a non chiedervi di arrendervi finché non fosse stata aperta una breccia. Ora capite che ogni resistenza è inutile. Risparmiate agli abitanti di Capri l’orrore di un assalto generale.
	Avete condotto una difesa degna del vostro coraggio ed abilità.
	Ho l’onore di salutarvi con i miei più alti rispetti.

Generale di Divisione
(Firmato) M. La Marque. 

Impossibilitato a proseguire la difesa, Lowe accetta di dare il via libera alle contrattazioni, che però partono subito sotto un’ombra di grande tensione. Dopo un aspro negoziato, gli inglesi propongono di arrendersi a patto che gli venga permesso di tornare in Sicilia con l’onore delle armi. Lamarque, vistosi alle strette, con le navi britanniche di soccorso che rischiano di raggiungere Capri da un momento all’altro, si assume la responsabilità di accettare questi termini, il che fa infuriare Murat, che invece avrebbe preferito l’assalto e l’imprigionamento del comando inglese. Sospettoso per natura, Lowe chiede quindi che l’impegno di Lamarque venga ratificato formalmente da Murat, cosa che il sovrano in effetti fa, suo malgrado, verosimilmente per non sconfessare la parola d’onore data dal proprio generale.

Altri tempi.

Il 17 ottobre, nel consegnare a Lowe la ratifica del sovrano, Lamarque vi acclude tuttavia una breve nota di disappunto nei confronti dell’inglese, accusato implicitamente di avere disatteso, con la sua diffidenza, una sorta di tacito legame di rispetto tra avversari:

Signor Comandante,
	Ho l’onore di informarvi che l’accordo da voi preparato ieri è stato accettato.
	Mi addolora che voi sembriate dubitare dell’integrità di un soldato che vi ha concesso diverse prove della sua franchezza.
	Vi prego di accettare, Signor Comandante, 
	i miei più alti rispetti,

Generale di Divisione,
(Firmato) M. La Marque.

Il 22 Ottobre, gli inglesi partono, con tanto di fanfara, per la Sicilia, avendo ricevuto dai vertici nemici il permesso di imbarcare quanti più uomini ed armi possibile. I francesi acconsentono addirittura alla permanenza, sull’isola di un ufficiale inglese incaricato di occuparsi delle donne, dei malati, dei cavalli e dei bagagli non imbarcati. Due giorni dopo, Lowe scrive nuovamente a La Marque, ringraziandolo della correttezza e raccomandandosi per il disbrigo delle questioni lasciate in sospeso:

24 Ottobre, 1808.
A bordo della Fregata di Sua Maestà Britannica, “L’Ambuscade”.

Generale,
	Le prove di correttezza e gentilezza che ho da voi ricevuto mi incoraggiano a supplicarvi di prestarci aiuto nell’imbarcare le poche persone e i pochi effetti che rimangono a terra. Le scialuppe delle navi si sono quasi tutte allagate durante questa operazione, e solo le grandi feluche locali possono sopportare la severità del vento e del mare. Siccome un ufficiale di terra ha segnalato al capitano il vostro desiderio di avere un passaggio e delle comunicazioni libere tra Capri e Napoli per tre giorni dopo il completamento dell’evacuazione delle nostre truppe, ho l’onore di inviarvi un lasciapassare, e vi assicuriamo che i nostri incrociatori non ostacoleranno alcunché di ciò che voi vorrete spedire sulla costa per i tre giorni successivi alla partenza delle truppe.
	Restano a riva tre cavalli, di cui due appartengono a me, e uno ad un ufficiale ferito. Se, al momento, le circostanze non dovessero permettere il loro imbarco, pregherei di affidarli al mio servitore fino a quando non potrò inviare una barca per prelevarli. Nel caso in cui rimanessero alcuni dei bagagli dell’ufficiale e alcune donne, desidero lasciare un ufficiale a terra a prendersene cura, finché non sarà possibile inviare una barca a prelevarli, avvalendomi di ciò che voi e il Generale Thomas avete gentilmente indicato riguardo a questo argomento.
	Siccome ieri non volevo sovraccaricare le barche, alcuni dei miei effetti personali sono ancora al convento, e temo di non essere in grado di portarli via al momento. Chiederò il permesso di portarli via insieme alle altre cose.
	Assicurandovi, Generale, della perfetta reciprocità, da parte nostra, per tutto quanto ciò che può dipendere dalla mia rappresentanza presso i miei superiori, sia navali che militari, e anche dei miei ringraziamenti personali,
	Ho l’onore di essere, Generale,
	Con la massima considerazione,
	Il vostro servo più obbediente e fedele,

H. Lowe, Ten.-Col. Com. delle Truppe di Sua Maestà Britannica

Altri tempi, appunto.

Ad ogni modo, Capri rimarrà sotto la protezione dei francesi fino alla sconfitta di Napoleone e alla Restaurazione dei Borboni sul Trono di Napoli, nel 1815. Sia Lowe che Lamarque verranno tuttavia aspramente criticati per la loro condotta in quei concitati giorni di ottobre: il primo in quanto sconfitto, ovviamente, e il secondo per la concessione dell’onore delle armi al nemico. Ciononostante, entrambi resteranno sempre fedeli ai rispettivi paesi ed ideali. Lamarque si distinse in seguito come eroe repubblicano, mentre Lowe fu addirittura nominato Governatore di Sant’Elena durante l’esilio di Napoleone.

Non è dato sapere se i due ufficiali si siano mai più scritti o incontrati dopo l’intensa esperienza che li aveva visti confrontarsi, militarmente e dialetticamente, per la conquista di una piccola isola calcarea che di lì a qualche decennio sarebbe diventata una delle tappe principali del Grand Tour.

Ma questa è un’altra storia.

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Classe ‘92. Laureato in/appassionato di: lingue, letterature e culture straniere. Giornalista pubblicista, divoratore di storie, scribacchino di pensieri propri e traduttore di idee altrui.

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