Amiche e amici del Capri Comics, stasera, il Dolby Theatre aprirà il sipario sulla 96ª edizione dei premi Oscar, presentata da Jimmy Kimmel. Mentre noi italiani tifiamo per Io capitano di Matteo Garrone nella categoria Miglior Film Internazionale, quella di Miglior Film conta quest’anno dieci candidature.

Nell’articolo di oggi vogliamo dirvi la nostra su tre dei film più discussi di questi Oscar 2024: Oppenheimer, Barbie e Povere Creature!

Massimo: Oppenheimer

Un tempo, saggi, romanzi e opere teatrali avevano un sottotitolo che riassumeva il tema portante dell’opera, introdotto da “ovvero”. Se dovessimo replicare questa tecnica per Oppenheimer di Christopher Nolan, potrebbe venir fuori un “ovvero: Cosa sareste disposti a fare per…?”. Il film offre infatti diverse declinazioni per questa inquietante domanda. Cosa saremmo disposti a fare per l’avanzamento scientifico? Cosa saremmo disposti a fare per far terminare una guerra? Cosa saremmo disposti a fare per dimostrare il nostro valore al mondo intero? Ancora più inquietanti sono le risposte che il film fornisce, perché le sue domande sono poste al passato. Per l’avanzamento scientifico siamo stati disposti a cambiare il mondo e renderlo più pericoloso per i secoli a venire. Per far terminare la Seconda Guerra Mondiale siamo stati disposti a sottoporre due città giapponesi ad una Apocalisse atomica. Per dimostrare il proprio valore il protagonista è stato disposto a distruggere sé stesso e tutti coloro che amava. Oppenheimer ha l’incedere di una corsa contro il tempo, di una lotta disperata per la supremazia ad ogni costo, di un conto alla rovescia scandito dal disfacimento psicologico di un genio, dai suoi sensi di colpa e da esplosioni a tradimento che ti tengono sempre sul chi va là. Un film decisamente provante, a tratti presuntuoso, che non cerca l’intrattenimento mai, che vuole essere sgradevole e ambiguo, proprio come la storia dell’umanità. E il finale di orripilante e inerme realizzazione, con tanto di catastrofica previsione sul futuro, si avvicina all’orrore cosmico più di qualsiasi film del terrore di lovecraftiana memoria.

Dalila: Barbie

Barbie di Greta Gerwig non è un film per bambini, ma è importante che i bambini lo guardino.

I colori sgargianti, i personaggi divertenti, le canzoni, i costumi e le scenografie fantastiche lo rendono un film adatto davvero a tutti, grandi e piccini.

Allora perché dico che non è un film per bambini? Semplicemente perché dietro la spensieratezza e il rosa shocking di Barbieland c’è molto di più da cogliere, a partire dalle numerose citazioni ai capolavori del cinema del passato e alla storia della bambola più famosa del mondo, passando per il marketing fino ad arrivare a temi molto adulti come il discorso sul femminismo e sul patriarcato.
Uno dei punti di forza del film però è proprio nella semplicità con cui vengono affrontati questi temi e con cui vengono veicolati messaggi altrettanto importanti, come l’uguaglianza, la solidarietà femminile e il rapporto madre figlia. Ed è proprio per questo che è importante che i bambini lo guardino, nella speranza che escano dalla sala con qualche consapevolezza in più, senza rinunciare a divertimento e leggerezza.

L’unica nota davvero stonata del film è però proprio legata alla semplicità, in particolar modo a come è stata rappresentata la figura maschile, che a parer mio è stata fin troppo semplificata: tutti i personaggi maschili del film, a parte forse un paio di eccezioni, sono quasi ridotti a delle macchiette e sembrano tutti molto stupidi. Questa esagerazione delle caratteristiche negative è sicuramente voluta ma a parer mio stona un po’ e potrebbe portare molte persone a fraintendere il messaggio del film, che ne risente.

Nonostante ciò Barbie è un film davvero valido, divertente ed emozionante e vedere la sala del cinema, purtroppo quasi sempre vuota, finalmente piena di persone di tutte le età mi ha riempito di gioia.

Non posso dire che questo sia il miglior film tra i nominati agli Oscar di quest’anno ma sicuramente è il miglior film di Greta Gerwig tra quelli che ho visto fin ora. Consiglio a tutti di vederlo e in particolare consiglio alle bambine e alle ragazze di vederlo con la propria mamma perché, come il film ci insegna, il tempo passato insieme tra mamma e figlia non è mai abbastanza.

Gaetano: Povere Creature!

A Lanthimos interessa la vertigine, i movimenti audaci, i grandangoli spinti al limite e le soggettive deformi di voyeur sconosciuti concorrono tutti a quel senso di mistero e vertigine proprio di un quadro di Escher o del miglior Magritte. La storia del film è quasi priva di interesse nel suo essere la vicenda di una scoperta privata: dopo l’inizio incentrato sullo sguardo inquisitore e analitico dei due medici, il focus della pellicola rimane su un percorso di scoperta del proprio corpo come possibilità, dall’osservare al sentire, dall’estraneità (del corpo della protagonista e dei suoi sorveglianti) alla manifestazione anche se incosciente nella prima parte della pellicola di un potere dirompente. La parte Parigina, in cui la protaginista riscopre nuovamente cose che avrebbe già saputo se avesse guardato il primo tempo del film, risulta la più debole e meno interessante dal punto di vista dell’emancipazione di Bella dal suo stato di vittima ed anche meno incisiva per le trovate visive che a Lisbona regalano una scenografia ibrida che si fa esteriorità di un innesto su cui gioca tutto il film (Bella nel corpo di sua madre, la rilettura di Frankenstein dopo il successo dei mostri Universal e la ritrasposizione del classico letterario). Un po’ d’obbligo i riferimenti biblici, dovuti all’atto creativo e al dogma trinitario, che tuttavia non infastidiscono o deturpano la qualità del film, fluttuando tra una battutina e un non detto che potrebbero tranquillamente essere elisi mantenendo perfettamente uguale tutto il resto. Lanthimos firma il suo film più visivo in cui la scrittura, molto più semplice del solito, serve da collante per le mirabolanti gesta della macchina da presa, deludendo molti dei suoi fan più accaniti che avevano probabilmente bisogno del settimo film come gli altri.

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Classe ‘92. Laureato in/appassionato di: lingue, letterature e culture straniere. Giornalista pubblicista, divoratore di storie, scribacchino di pensieri propri e traduttore di idee altrui.

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Classe '97. Laureata in e appassionata di lingue e letterature europee. Social media manager per sbaglio, aspirante traduttrice, divoratrice seriale di libri. Giocatrice di ruolo, collezionista di dadi, amante di cinema e giochi da tavolo.

Gaetano Ricci
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200 anni al giorno. Non laureato, non studiato, poco letterato e quasi analfabeta, però mi piace leggere le cose e capire perché mi piacciono.

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