Amiche e amici del Capri Comics, in perfetto clima di Halloween, oggi vogliamo parlarvi di una delle opere più importanti e ambiziose mai dedicate al Cavaliere Oscuro, ovvero “Batman: Il lungo Halloween”, scritto da Jeph Loeb, illustrato da Tim Sale e pubblicato tra il 1996 e il 1997.
Ne parleremo facendo spoiler, perché desideriamo analizzare da vicino la sua affascinante struttura di “finto giallo”, motivo per cui sarà necessario addentrarci nei dettagli della trama e nella sua raffinata costruzione narrativa.
“Il Lungo Halloween” si presenta infatti, almeno in superficie, come un giallo, un mistery investigativo in cui Batman deve smascherare e catturare un serial killer noto come “Holiday”, responsabile di una lunga scia di omicidi legati alle festività del calendario, e che destabilizzano l’ordine sociale, economico e criminale di Gotham. Tutto ciò è magnificamente amplificato dallo stile visivo di Tim Sale, il cui tratto espressionista, a tratti stilizzato, lavora tantissimo sulle ombre, sui vuoti, sulle ambiguità. Le tavole sono costruite come quadri noir, con colori desaturati e malinconici ad opera di Gregory Wright. E così, ogni festività in cui Holiday agisce traspare più una commemorazione funebre che una celebrazione.
L’impianto narrativo ricorda quindi i classici della letteratura d’investigazione: omicidi rituali, indizi sparsi e una rosa di sospettati ambigui. Ma l’apparenza inganna.
Ricordiamo che, nell’universo DC, Batman è il più geniale investigatore del mondo, non solo per la sua ricchezza, che gli metta a disposizione un quantitativo di attrezzature fantascientifiche risolutive, ma anche e soprattutto per via del suo ingegno e della sua logica di ferro. Il cardine del personaggio Batman, ad opinione di chi scrive, è il controllo: quello che non ha potuto esercitare al momento della morte dei suoi genitori e che lo ha segnato per sempre. Da quel momento in poi, la sua psiche si arrocca in una forma di dissociazione, creando una personalità che persegue il controllo e l’ordine ossessivi e punitivi come sollievo per il suo dolore e, per estensione, come panacea di tutti i mali del mondo. Ed essere un investigatore, ricostruire un caso e risolverlo, è una delle forme che Batman utilizza per esercitare questo controllo.
Non che l’apporto di Batman sia inopportuno o inefficace. È piuttosto un male necessario. Nella filologia batmaniana, ma ancor di più ne “Il Lungo Halloween”, la città è infatti sotto il controllo di Carmine “Il Romano” Falcone, spietato boss mafioso che cerca di legittimare i suoi traffici e di eliminare la concorrenza di Salvatore Maroni. Contro di loro si erge un’alleanza fragile tra Batman, il commissario Gordon e il procuratore distrettuale Harvey Dent, mentre, in parallelo, un misterioso killer soprannominato Holiday, inizia a colpire membri delle famiglie criminali di Falcone e Maroni. Mese dopo mese, l’inafferrabile omicida allunga la lista delle proprie vittime, lasciando di volta in volta accanto ai corpi il simbolo della festa durante la quale si è svolto il delitto, insieme ad una pistola calibro .22 e un silenziatore artigianale (la tettarella di un biberon). Tra gli assassinati figura, anche Alberto Falcone, figlio del boss, apparentemente ucciso a Capodanno. La trama si complica quando entrano in gioco altri nemici di Batman: Joker che non accetta la competizione di Holiday, Poison Ivy che manipola Bruce Wayne, Spaventapasseri che droga Batman e Due Facce che emerge dalla psiche torturata di Dent per vendicarsi di Falcone. In tal senso, l’opera di Loeb e Sale si presenta come una sintesi esemplare, quasi un best of del vasto canone batmaniano, capace quindi anche di offrire un accesso privilegiato a chi si accosti per la prima volta alla lunga e intricata vicenda editoriale del Cavaliere Oscuro.
Fino alla fine, tutto fa pensare a un classico giallo: un investigatore, un assassino, una verità da scoprire. Ma “Il Lungo Halloween” è tuttavia un giallo solo nella forma. Nella sostanza, è un dramma corale, una riflessione sulla disgregazione sociale, una cronaca di paranoia collettiva e soprattutto una tragedia intima e umana, che ha come fulcro non un supereroe o un supercriminale, bensì una donna fragile ma determinata: Gilda Dent.
Anche le indagini sono una dissimulazione: le piste si moltiplicano e si contraddicono, tutti brancolano nel buio per gran parte della storia, le svolte narrative confondono più che chiarire, e infine, la verità che ci viene data, la confessione di Alberto Falcone, si rivela una soluzione parziale, forse addirittura falsa.
In questo caos, ogni personaggio potrebbe essere Holiday. Ciascuno ne avrebbe il movente.
Batman, Gordon e Dent vogliono giustizia. Joker è geloso del suo ruolo di agente del caos, Maroni vede in Holiday una minaccia per i suoi affari, Falcone lo teme come destabilizzatore, Carla Viti, sorella di Falcone, forse vuole vendetta, Catwoman gioca sul confine tra curiosità e interesse personale.
“Il Lungo Halloween” ci mostra quindi una Gotham afflitta da una forma virale di paranoia, dive nessuno si fida di nessuno e tutti sospettano tutti. In questo contesto, Holiday non è più un individuo: è un’idea, un’epidemia.
Mentre Batman scopre che Alberto Falcone è ancora vivo e si autoaccusa di essere Holiday, Due Facce uccide Carmine Falcone e si consegna alla giustizia, dicendo che i killer erano due.
Ed è proprio in questo clima malato che emerge la vera protagonista della storia: Gilda Dent, moglie di Harvey e figura apparentemente marginale. Eppure, alla fine, è lei ad offrire al lettore la chiave più importante per la risoluzione del mistero. Nelle ultime pagine, la vediamo bruciare le prove della propria colpevolezza e confessare tra sé e sé di essere stata lei a compiere i primi omicidi di Holiday. Non per voglia di potere o vendetta, bensì nella speranza di liberare Gotham dal crimine organizzato e dare a sé stessa e Harvey la possibilità di costruirsi una famiglia in pace. Viene così rivelato, seppur in modo opaco, che delitti successivi sono stati commessi da Harvey stesso, inconsapevole della verità e già lacerato in due dalla personalità emergente di Due Facce.
Il gesto di Gilda, pur criminale, sarebbe così il più umano dell’intera narrazione. In un mondo di maschere indossate per esercitare interessi, potere, vendetta, lei è l’unica a indossarne una per amore. Ma il suo piano si ritorce contro di lei: Harvey, nel frattempo, precipita nella follia e diventa Due Facce. Non solo Gilda fallisce nel liberarlo, ma lo perde per sempre.
All’inizio della storia, Batman, Dent e Gordon stringono un patto: combattere il crimine insieme, dentro o fuori la legge. È una promessa di fede nella possibilità di cambiare Gotham. Quel patto, però, non regge. Le differenze morali tra i tre emergono, la città li corrompe, e il fallimento culmina con la trasformazione di Dent in Due Facce. La figura di Harvey, in questo, è centrale: è il volto della frattura tra il bene e il male, la sintesi fallita tra la luce e il buio.
Jeph Loeb, consapevolmente, rifiuta la logica del giallo classico e dopo averci sballotto lati di qua e di là ci dice che non è tanto importante chi abbia fatto cosa, bensì il fatto che ognuno sia disposto a fare tutto, nelle giuste condizioni. Il crimine non è solo nei gesti, ma nelle intenzioni, nei desideri repressi, nei compromessi. “Il Lungo Halloween” è quindi un racconto sul potere che logora, sulla giustizia che fallisce, sull’amore che non basta. Ed è, soprattutto, la storia di una donna che ha fatto tutto il possibile per salvare l’uomo che amava, e ha fallito.
“Il Lungo Halloween” è una tragedia mascherata da giallo, e perciò ci lascia con più dubbi che risposte.
About the author
Classe ‘92. Laureato in/appassionato di: lingue, letterature e culture straniere. Giornalista pubblicista, divoratore di storie, scribacchino di pensieri propri e traduttore di idee altrui.













