Amiche e amici, oggi ci tuffiamo nuovamente nello Spider-Verso e proviamo a parlarvi di Spider-Man: Across the Spider-Verse, diretto da Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson.

Dopo una prima infarinatura no-spoiler ci getteremo a capofitto in qualche considerazione più sostanziale, quindi state attenti ai segnali, perché questo film, secondo capitolo di tre nella saga d’animazione di Spidey targata Sony, è un’esperienza visiva strabiliante, da vivere al cinema, in prima persona.

Fidatevi.

Prima di iniziare, però…

Riassumiamo ancora una volta…

Questo è il concetto che ogni Spider-Man di questa serie di film esprime quando entra in scena. Perciò lo faremo, rapidamente, anche noi.

Miles Morales nasce editorialmente nel lontano 2011, dalla penna di Brian Michael Bendis e dall’italianissima matita di Sara Pichelli, come nuovo esperimento per scindere il dualismo Spiderman/Peter Parker. Nuovo perché, al netto di cloni ed esordienti vari, negli anni ‘90, la Marvel ci aveva già provato con Miguel ‘O Hara, conosciuto anche come Spider-Man 2099, primo vero Uomo Ragno a distaccarsi da Peter.

Purtroppo, Miguel non fu mai davvero accettato dal grande pubblico, ma con Miles la storia cambia. Il personaggio riesce a conquistare l’amore dei fan di tutto il mondo, anche grazie al suo modo di essere simile a Parker, ed eppure del tutto diverso.

Tutto questo, insieme al rifiorire cinematografico del personaggio di Spider-Man nel Marvel Cinematic Universe con Tom Holland, arrivato come una boccata d’aria fresca dopo gli intoppi della versione Amazing con Andrew Garfield, dà la possibilità a Sony/Columbia di osare. Nel 2018 esce quindi Spider-Man: Un nuovo Universo, lungometraggio d’animazione estremamente innovativo, diretto da Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman.

Il film ha un successo strepitoso e riesce nell’impresa di strappare l’Oscar per il Miglior Film d’Animazione alla Disney.

La storia parla dell’affermazione personale e della scoperta del proprio io, in salsa Marvel, con ottime sfaccettature e dubbi morali tanto nel protagonista, tanto negli spider-comprimari, quanto nell’ottimo Kingpin.

Riassunto terminato, ora passiamo al sequel.

Un viaggio lisergico

Nella storia del film è passato un anno e mezzo, ma nella nostra realtà sono cinque.

Miles deve fare i conti con il proprio futuro, con i propri segreti e con le proprie responsabilità, e lo stesso accade a Gwen. Nel mezzo, la tela del multiverso è nuovamente minacciata da sconvolgimenti e catastrofi, che i nostri eroi dovranno cercare di scongiurare.

La pandemia, quella vera, ha rallentato lo sviluppo del progetto, ma alla fine il risultato è, a mio parere, un vero e proprio capolavoro, che riprende concetti del primo film e li amplifica con uno stile grafico talmente variopinto e strabiliante da stordire. Ogni singolo personaggio che incontriamo e ogni mondo che visitiamo ha una sua voce, una sua pelle, un suo ritmo e una sua stratificazione di sensazioni e rimandi che vuole restituire.

Tutto ciò chiaramente rende determinate scene corali difficili da decodificare, a tratti addirittura schizofreniche, con decine di differenti stili e ispirazioni e citazioni che si mischiano e compenetrano, rimanendo però distinti e riconoscibili. Gi autori costruiscono il loro film sull’accumulo senza sosta di similitudini e differenze, di riflessi e di trasmutazioni, perché la ricerca emotiva dei personaggi è esattamente questa: capirsi e accettarsi per come si è, a proprio modo unici e speciali, senza perdersi tra centomila altre versioni di se stessi.

Ho già in mente i due modi in cui rivedrò questo spettacolo. Il primo è al rallentatore, per godermi ogni singolo easter-egg e inside-joke (credetemi, credo ce ne siano almeno due o tre per ogni scena del film). Il secondo modo sarà di gustarmelo a velocità 2x, così da vivere un unico viaggio lisergico capace davvero di portarti in altri mondi attraverso i flash e i colori sparati dallo schermo.

Across the Spoiler-Verse

Gli autori si prendono uno spazio narrativo relativamente breve dall’ultima avventura. Ma il tanto che basta per fare crescere i due protagonisti, Miles e Gwen.

Entrambi stentano a far conciliare la propria identità e missione segreta con la propria vita e realtà personale. Se però Miles riesce ancora a tenere in piedi la sua tela di bugie, pur al costo di enormi tensioni con i suoi preoccupati e dubbiosi genitori, Gwen è costretta ad affrontare le proprie responsabilità quando suo padre scopre che è proprio lei la Spider-Woman a cui dà la caccia. In questa scena estremamente drammatica, gli universi emotivi di padre e figlia prendono vita in un susseguirsi di muri colorati che trasformano lo schermo in un dipinto impressionista. Incapaci di confrontarsi sentimentalmente e intellettualmente, i due non possono che separarsi: il Capitano Stacy resta solo e Gwen si unisce alla squadra di Spider-People che difende il multiverso.

Poi vi sarebbe un esercito di comprimari, gran parte dei quali Uomini e Donne Ragno, che combattono ciascuno la propria battaglia identitaria, alcuni vincendo, altri perdendo.

E parlando di identità perdute, apriamo un capitoletto a parte per il Villan, the Spot, in italiano La Macchia. Tormentato dall’etichetta di perdente e dalla poca credibilità nei confronti di Spider-Man, questo antagonista vive uno sviluppo sconcertante: da bizzarra sagoma a pois, incapace persino di svaligiare un bancomat con i propri poteri dimensionali, La Macchia cresce e si incattivisce fino a diventare un vero Uomo Nero, una terrificante spirale di oscura umanità nella quale si concentrano l’ossessione del riscatto e della vendetta. Un cattivo che fa paura, e che ti lascia spiazzato, perché non lo prendi sul serio finché non ne intuisci il dramma e l’alienazione: un mente così danneggiata, con un tale potere catastrofico nelle mani, rappresenta letteralmente la fine di ogni cosa.

Il multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente troppo…

Veniamo al concetto di Aracnoumanomultiversale, Ragnoverso, Marvel-verso, e tutto quello che volete…

Dovrebbe essere un focus fondamentale, ma gli autori sono molto oculati a non strafare. Fondendo alcuni concetti presi direttamente dall’MCU e altri inventati di sana pianta, il film non si impelaga in grandi dissertazioni, portando avanti principalmente l’idea di “Evento Canone”, ossia quella serie di avvenimenti che rendono uno Spider-Man, tale, vale a dire la perdita di persone a lui care.

Bello? Sì.

Esplorato a dovere? Forse no, ma lascio che sia il terzo film a parlare e a chiudere questo magnifico cerchio iniziato nel 2018, perché non ricordo un’interruzione cinematografica così brusca dai tempi del secondo capitolo di Matrix.

Il film infatti ci abbandona spaesati nel bel mezzo di un climax irrisolto che non può che lasciare un po’ di amaro in bocca.

Ci tocca aspettare, poco meno di un anno, fortunatamente, ma io ho già iniziato il conto alla rovescia.

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Classe '90. Farmacista per sbaglio, noto accumulatore di giochi da tavolo. Nasce e cresce a suon di Marvel e Disney e tanto basta...

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