Era il 2013 quando l’artista svedese Simon Stålenhag iniziò a pubblicare i suoi lavori, poi raccolti in due libri d’arte narrativa, Tales from the Loop (Ur Varselklotet, 2014) e Things from Flood (Flodskörden, 2016). Sicuramente non se lo sarebbe mai aspettato di finire in una serie tv, nè tantomeno in un gioco di ruolo, e nemmeno che io ci scrivessi un articolo su, ma vabbè.

Oggi parliamo proprio della serie e del gioco di ruolo basati sui suoi artbook, ma con una dovuta introduzione alla sua opera.

Le illustrazioni di Stålenhag fanno coesistere elementi apparentemente stridenti fra loro in una dimensione quasi irreale, retro futuristica.
I suoi scenari rappresentano architetture industriali e robot abbandonati in mezzo alla natura, macchine fantastiche, tutti residui di un passato che sembra perso, lontano, come se qualcosa fosse andato storto. Gli uomini osservano e convivono con questi elementi, l’atmosfera che ne deriva è quindi malinconica, sembra poter udire il sospiro del “cosa poteva essere e non è stato”.

Dai suoi lavori dicevamo sono nati e hanno preso spunto una serie di tv, nella quale egli stesso veste un ruolo in produzione, e un gioco di ruolo pubblicato in Italia dalla Wyrd Edizioni. Entrambi prendono il nome di Tales from the Loop.

TftL: la Serie Tv

La serie, uscita nel 2020 e tutt’ora disponibile su Amazon Prime, mostra le vicende di una cittadina dell’Ohio nel cui sottosuolo è presente il Loop, questo laboratorio nel quale si recano quasi tutti i cittadini a lavoro, rigorosamente a piedi.

Tales from the Loop, immagine tratta dalla serie Amazon.

Nelle 8 puntate dell’unica stagione i protagonisti vivono le loro vite separati dal resto del mondo, che non ha nessuna influenza su di essi e di fatto non esiste, una bolla.

In questo spazio sospeso gli accadono cose surreali, inspiegabili, trovano oggetti che influenzano la realtà, il tempo e le loro vite ma lo accettano con un certo stoicismo, giustamente dove vai se non c’è altro… sono cose che capitano. Il ritmo narrativo lento alimenta questo senso di indefinito e di incompiuto.

Tales from the Loop, immagine tratta dalla serie Amazon.

Mi piace immaginare che il Loop in sè sia la causa di ciò, quasi come un Solaris a cui fondamentalmente non gliene frega nulla di chi gli gira intorno, Lui è e sta lì, punto. Gli episodi sono autoconclusivi ma esiste un arco narrativo che lega le vicende dall’inizio alla fine, il loop si chiude in un certo senso.

TftL: il GDR

L’Ambientazione

I giocatori vestiranno i panni di ragazzi di età compresa fra i 10 e i 15 anni che vivono in anni ’80 mai esistiti con oggetti strani in giro, navi volanti e un manuale di D&D in cantina.

Prevede due ambientazioni diverse, una nelle isole Malaren in Svezia e l’altra a Boulder City negli Stati Uniti, differenze sostanziali non ce ne sono.

I giocatori compongono la loro scheda creando il proprio personaggio scegliendo innanzitutto il Tipo (classe) fra quelli disponibili: ll Campagnolo, il Genio del computer, il Piantagrane, il Ragazzo popolare, il Rocker, lo Sportivo, lo Strambo e il Topo di Biblioteca.
Non li ho elencati per allungare il brodo ma per sottolineare che ogni Tipo ha una sua specifica caratterizzazione che indirizza e aiuta il giocatore a calarsi nel ruolo.

Completano la scheda gli attributi (vedi caratteristiche) sulla base dei quali tirare i dadi di fronte alle difficoltà da affrontare. I giocatori sceglieranno inoltre fra le altre cose un vanto, un oggetto iconico, un problema e una motivazione che li definiscono. Il gruppo infine sceglierà un luogo rifugio.

Il master, creato il mistero o scelto fra quelli disponibili già nel manuale che sono già un bel punto di partenza, è spinto infine a descrivere il mondo insieme ai giocatori ponendogli delle domande personali e di gruppo, un po’ PBTA style, con il Loop al posto dell’Apocalisse.

Gli adulti sono un contorno, stanno lì sullo sfondo, inutili e fuori portata perchè avranno sempre altro da fare.

Le Regole

Le regole sono molto semplici, si tratta di un sistema basato sul sistema Year Zero Engine che prevede il solo uso del classico dado a sei facce. Scordatevi il combattimento e i punti ferita, i fallimenti condizionano il personaggio ma non lo uccidono.
La narrazione è divisa idealmente in scene, il master creerà le scene base dell’avventura, i giocatori saranno invitati a proporre le proprie scene di vita quotidiana, per presentarsi ad esempio, prima che il conto alla rovescia parta inesorabilmente.

Dadi super belli.

TftL: similitudini gioco/serie

Guardiamo insieme cosa ne è uscito, i punti in comune sono:

  • il Loop, questo laboratorio sotterraneo con tanto di accelleratore di particelle dove la ricerca è avanzatissima ed è tutto segreto;
  • bambini/adolescenti: esseri senzienti che si pongono domande a cui gli adulti non danno risposta. Come risultato si cacciano nei guai;
  • il paesaggio: boschi di conifere, campi in fiore, laghi e praterie nei quali qui e là spuntano sfere di acciaio, robot abbandonati e bambini che nessun adulto cercherà;
  • le torri di raffreddamento del Loop; si tratta di tre torri gigantesche che svettano e sono presenti in quasi ogni fotogramma (tipo i Faraglioni a Capri).

E quindi?

La serie: le immagini e le musiche sono stupendi e suscitano quello che Stålenhag trasmette nei suoi lavori; senso di incompiuto e nostalgia. Il magone è dietro l’angolo e non si tratta di un grande uomo in grado di lanciare incantesimi. Ti sorprende ma non è una serie da guardare per la trama.

Il gioco: pensate a I Goonies o allo stesso Stranger Things, aggiungeteci (o sottraeteci) l’ambientazione di Simon Sthalenag, un regolamento semplice e al servizio della caratterizzazione dei personaggi ed ecco a voi un bel gioco di ruolo che varrà la pena avere nella propria collezione. Non adatto ai calcolatori seriali, amanti delle combo che si risvegliano al tavolo solo quando c’è da dare mazzate.

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Classe '83. Lavora sotto le mentite spoglie di un ragioniere, accumulatore di giochi da tavolo e giochi di ruolo, alla costante ricerca dell'incastro perfetto nei mobili di casa. Lettore di regolamenti senza averci giocato, sostiene per giustificarsi che è il viaggio, non la meta che conta.

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